Ci sono ancora tre giorni prima del rientro a casa, il Caminho è già un ricordo da rievocare con calma. Finita la frenesia dei chilometri da percorrere, delle salite e delle indicazioni, la missione è compiuta, l’adrenalina svanita, la determinazione esaurita. Non sono più un pellegrino o un viaggiatore, sono un turista a giro per Fatima senza pulsioni di fede e a giro per Lisbona senza curiosità. Tutto si è concluso. Poi c’è stata la consuetudine: confessione e messa, santini e souvenir a Fatima, visita a piazze e monumenti, il giro sul tram 28, la torre di Belem, la maglietta di calcio, le pasticcerie e il baccalà a Lisbona, foto ricordo dappertutto quasi per dovere di cronaca. Un turista solitario e non mi piace fare il turista solitario. Vorrei poter tornare a casa subito. Il viaggio si chiude qui.
Ho già detto che c’è stato molto tempo per pensare durante il cammino, l’ho fatto a strappi vagando, divagando, a volte registrando sul mio piccolo Sony per non perdere impressioni, o per testimoniare paure. Adesso, dopo un mese, riascolto i miei pensieri fatti per strada e mi accorgo che non sono così profondi come sembravano allora, si tratta di ovvietà, riflessioni semplici ed emotive dettate dalla stanchezza e dalla solitudine. Non portano alcun valore aggiunto alla storia se non rievocare lo stato d’animo di allora. Eccone alcuni.
Sui motivi del viaggio
Volevo fare un’esperienza solo mia, niente di trascendentale, una cosa che esulasse da tutto ciò che avevo mai fatto e neanche pensato, una cosa difficile per me che non sono un camminatore, non ho senso dell’orientamento, sono un imbranato che si perde ad ogni bivio e ho meno risorse di quello che faccio credere.
Ho avuto un’altra volta la conferma che viaggiare è necessario per far nascere nuove idee, vedere, capire conoscere, farsi conoscere, non chiudersi nella propria gabbia nella propria ristrettezza ed è importante farlo in condizioni dove ci si mette in discussione quando la nostra corazza quotidiana non c’è come in questo momento, sono alla mercé del primo banditello che mi trova per la strada, del primo burlone che mi da un informazione sbagliata, sono alla mercé della salute, del mal dei reni, del dolore ai piedi, del calore, della sete, della fame, dei segnali che indicano la strada, sono fragile, un precario sul Cammino, ma nonostante questa fragilità ho voglia di mettere un piede dopo l’altro, cocciutamente, non ascoltando i dubbi, perché voglio arrivare.
Sul passato
Ho pensato al passato molto lontano: vorrei recuperare i miei vecchi diari di gioventù, le lettere scambiate con le innamorate, con gli amici e con la mamma, ebbene si c’è stato anche un periodo nel quale scrivevo a mia mamma (1975). Sono tutti in una scatola in soffitta. E’ un po’ che mi prude l’idea che sia arrivato il momento di metterci le mani sopra altrimenti finirà che poi le leggeranno i miei figli e diranno “ma era citrullo il babbo ?” e getteranno via tutto come abbiamo fatto noi con i nostri vecchi. Certamente non Tommaso che non le butterebbe mai, non le leggerebbe ma le riporrebbe in bell’ordine in una scatola dove ammuffirebbero per altri anni, poi magari suo figlio, chissà quando, magari nel 2060 o nel 2070, le troverebbe, darebbe uno sguardo qua e là direbbe “via via, cos’è questa robaccia” e finalmente butterebbe via tutto, anche il mio inutile ricordo.
E’ meglio se questa operazione la faccio io: me le leggo un’ultima volta, guardo se c’è qualcosa di importante e faccio piazza pulita, del resto sono cinquant’anni che stanno in soffitta, mi sembra di averle fatte sopravvivere anche troppo agli eventi.
Molte cose hanno esaurito la loro funzione e sono diventate superflue e conservarle mi sembra svilire anche quello che hanno rappresentato. Vorrei lasciare meno strascichi possibile, un po’ come togliere il disturbo in punta di piedi.
Alla morte bisognerebbe arrivare nudi, come quando si nasce. Passati semplicemente come un germoglio, una pianta qualsiasi, siamo poco di più.
Rivelazione
Sono qui per dare un esempio ai miei figli Agnese e Tommaso, per dire loro: non state fermi, non vi nascondete, non temete le vostre idee, le speranze, non abbandonate i desideri che sembrano impossibili o semplicemente stravaganti, coltivate con amore e determinazione i progetti sui quali investire e per cui lottare, abbiate fiducia in voi stessi !
Siate ribelli, ribelli rispetto al conformismo, rispetto a quello che la società vuole e richiede, e siate anche gentili, con tutti, sempre, perché il mondo è bello e col nostro passaggio dobbiamo cercare di danneggiarlo il meno possibile. Essere invisibili oggi è visto come un fallimento, una vergogna, ma ciò che conta veramente è quello che c’è dentro il nostro animo, guardate gli invisibili, scoprite i valori dietro le apparenze, non vi accontentate di tirare a campare.
La vita è magnifica se si predispone l’animo, ci regala momenti come questo esatto momento nel quale mi sento in pace con me stesso, con la natura circostante e con gli altri, si può stare da soli e commuoversi come sta accadendo proprio adesso, qui su questo sentiero sperduto nelle colline del Monsanto e adesso …… adesso non so più cosa dire, meglio il silenzio.
Chiusura
Questa mia piccola avventura è nata tutta dalla mente, dalla programmazione, dalla ricerca minuziosa, dagli strumenti tecnologici, “quasi quasi non c’era neppure bisogno di partire”, scrivevo all’inizio, ma in questi dieci giorni quello che mi ha fatto andare avanti quello che mi ha spinto, che mi ha dato felicità non è stata la ragione ma il cuore. E’ una metafora della vita che mi aspetta:
passo dopo passo fino alla prossima indicazione, alla prossima strada, una curva inattesa del sentiero, una deviazione che porterà da qualche altra parte, c’è una fine a tutto questo e sembra lontana, ma si procede sempre guardando solo al passo successivo, attraverso mille diversi stati d’animo, ineluttabilmente, con caparbietà cercando di non sbagliare il movimento, di non cadere e rialzandosi quando ciò accade, andando avanti anche con il dolore. Ad un certo punto è più importante seguire il cuore della testa, così ci avviciniamo, conta quello che sarà a fine giornata e conta che ci arriviamo alla fine della giornata. Lo schema più ampio, la fine del viaggio, ci attende più in là e più che averne una visione idealizzata non possiamo fare.
Poi sarà quello che dovrà essere.