29,76 chilometri oggi e non avrebbero dovuto essere così tanti, otto ore e mezzo di cammino, è stato il giorno più lungo e il più difficile.
Diciamo subito che nonostante l’ottimo albergo non ho dormito molto, sarà stata la cena di PicaPau un po’ pesante o la tensione per l’ultimo giorno di cammino.
Colazione superabbondante e taxi davanti alla porta per correre a Monsanto, sette euro e ci togliamo la paura di questa deviazione di sette chilometri sotto il sole. Che lusso ! Eccomi dunque a Monsanto, partenza dell’ultima tappa del Caminho per Fatima.
Sono emozionato e contento, guardo un po’ tutto con occhi diversi, gli occhi di chi sa che ogni passo va verso la chiusura di questa esperienza, che questi paesaggi, questi paesi sono già il passato, che inizia il conto alla rovescia, ancora 25 chilometri, gli ultimi, i più faticosi, ancora un giorno da vivere con concentrazione e adrenalina, ma sarà una giornata difficile me lo sento, un mangiaebevi continuo.
Monsanto è un paese minuscolo e carino ma non ci sono possibilità di alloggio e quindi non so come possa rappresentare un punto di arrivo e di sosta per i pellegrini del Caminho, è un mistero che io ho risolto andando a pernottare in un altro paese e la scelta mi ha soddisfatto, fuori percorso ma opportuna.
Da Monsanto entriamo in una parte del Cammino ancora diverso, bel paesaggio, paeselli sperduti senza anima viva, e non è una novità, poche strade asfaltate e molti sentieri, e molta salita e poi discesa e poi ancora salita, 716 metri di ascesa totale, 521 di discesa totale, tanta roba, troppa per le mie gambe ormai stanche. Stamani ho un indurimento al polpaccio destro che mi provoca dolore costante (rimedio con Oki e due Cibalgine) e le dita dei piedi che reclamano riposo, tutti questi fattori mi fanno essere un po’ teso, poco tranquillo e non è un bene, sono partito con il morale non altissimo in previsione di questo ultimo giorno come se fossi consapevole che dovrò chiedere qualcosa di più a me stesso.
Verso le 11,30 il percorso si trasforma infatti in un sentiero ripido nella macchia, completamente sommerso dai cespugli e dai rovi. Pietre sconnesse, tralci di piante, salita ripida sotto il sole fiancheggiata da muri a secco abbandonati. E’ un sentiero sperduto in una collina sperduta in mezzo a paesi deserti in una regione solitaria e soprattutto nessuno sa che sono qui, nessuno mi ha visto nell’ultima ora. Mi sento solo e per la prima volta impaurito, mi assalgono pensieri pessimistici: e se un animale, un serpente, uno sciame di vespe, un cinghiale o che cavolo altro mi compare davanti ? e se scivolo su queste pietre sconnesse ? e se mi sento male adesso ? Tutti eventi ai quali non avevo mai pensato prima, come si fosse arrivati alla resa dei conti con la spensieratezza. Sono molto preoccupato !
Ho la lucidità di fare due cose: inviare la posizione gps al mio amico Fulvio e registrare le mie paure .
Ascoltata adesso la registrazione fa sorridere, seduti in poltrona davanti ad un caffè chiacchierando fra amici con distacco emotivo appare esagerata e surreale. Naturalmente non l’ho inviata a nessuno, non volevo fare stare in pena famiglia e amici, ma garantisco che non è una recita, quello ero io proprio io alle 11,30 di mercoledì 17 maggio sulle colline del Monsanto, uno dei momenti peggiori della mia esperienza.
Non so perché ma registrare un messaggio vocale e condividere la posizione con Fulvio mi ha dato un po’ di tranquillità. Il mio vecchio amico Fulvio è il solo di cui mi fido ciecamente in queste circostanze, è l’unico che per esperienza e capacità sarebbe in grado di tirarmi fuori da una situazione problematica in culo al mondo.
Dopo poco meno di un’ora angosciante finalmente il sentiero è sbucato in una piazzola di fianco alla strada provinciale, accolta come un’oasi nel deserto, qui finalmente ho tirato il fiato e mi sono calmato e da lì più o meno bene sono andato avanti fino al paese di Minde, 17 chilometri da Fatima: un bar per bere e mangiare, riordinare le idee, e ripartire.
Dopo Minde di nuovo salite e discese, fortunatamente solo un altro breve tratto nella macchia simile al precedente il resto su mulattiere o strade accessibili.
Si è acuito un dolore alla spalla destra frutto di giorni con lo zaino addosso e di un bilanciamento non corretto, ma i chilometri li ho fatti lo stesso e dai e dai arrivo in un tratto di percorso rilassante, un bosco infinito di eucalipti che mi accompagnerà quasi fino alla fine. Un paesaggio e un sentiero ombreggiati che ci volevano proprio, i chilometri poi calano con buon ritmo e incrociare i cippi che indicano 15 , 10 e poi 9, 8, 7 chilometri a Fatima dà nuova energia.
Tutto liscio fino al cippo dei 5 chilometri, il percorso è segnalato e ombroso, la strada pianeggiante e parlo al telefono tranquillamente con amici, mi sono ripreso dalla difficoltà della mattina e sento il traguardo vicino.
Inaspettatamente a questo punto, in questo preciso punto della foto qui sotto, vado completamente in bambola, non c’è altra spiegazione razionale se non la perdita completa di lucidità. Il segnale inquadrato nella foto è inequivocabile, la direzione per Fatima è indicata benissimo e non si può sbagliare, io invece sbaglio, incredibilmente, dopo 150 chilometri di concentrazione e lucidità succede che non mi fido della indicazione e vado sulla strada sbagliata.
Una piccola giustificazione ad un comportamento tanto sciocco a quattro chilometri da Fatima la posso trovare nel fatto che sia il mio Garmin che Google Maps mi segnalavano come errato il percorso così chiaramente indicato. La spiegazione a posteriori è banale: le tracce gps erano vecchie.
Così accade che vado avanti con poca convinzione sulla retta via per un chilometro abbondante, poi guardando il gps torno indietro, controllo e rifaccio la stessa strada ancora per un chilometro e poi non convinto torno nuovamente indietro a questo maledetto cippo indeciso e confuso e chiaramente non c’è anima viva a cui chiedere e infine anziché seguire la logica ed il segnale seguo la traccia indicata dagli strumenti elettronici, una strada diversa e intanto mi sono fatto 4 chilometri e un’ ora di fatica per niente.
Sono frustrato, ho perso completamente in raziocinio e non mi sento sicuro nemmeno di questa scelta, faccio così un giro largo e non segnalato in mezzo al bosco senza sapere dove mi porterà e questo giro del tutto arbitrario mi fa camminare un’ora abbondante nell’incertezza per poi finire in un grande piazzale con un cementificio e una fila di camion in attesa di caricare. Sono in un posto del tutto estraneo al cammino. Sono sfiduciato, chiedo informazioni a un camionista che mi dice che a Fatima si può andare anche da lì seguendo la strada che è però molto transitata da camion. Vado, non mi resta altra scelta, ma la gioia è sparita e pure l’attenzione, succede così che per la prima volta mi distraggo e cado a terra, rovinosamente, di lato, senza attutire il colpo, cado dall’asfalto sull’alzanella in terra sul fianco sinistro sotto il peso dello zaino. Fa male ! Mi rimetto in piedi preoccupato perché fa proprio male, ma non c’è altra possibilità che continuare. Dopo qualche centinaio di metri ecco un segnale, il più bello da quando sono partito: è posizionato di sbieco sul ciglio della strada: è il vecchio percorso che segnalavano i gps e Google e che si sta per ricongiungere all’altro percorso, quello più pulito e nuovo.
Sospiro di sollievo perché adesso i chilometri sono due e poi uno, ma la condizione fisica non è quella di ieri e nemmeno di stamani, cammino completamente piegato perché mi duole un po’ tutto, sono sfinito, arrivo dolorante e con la lingua per terra, sono due ore che non apprezzo più niente, che non mi diverto più, che ho perso il bandolo della matassa e vado avanti per forza d’inerzia, ho mollato la tensione nervosa quando ho sbagliato l’ultima strada e la fine del mio viaggio non è quella che avevo immaginato.
Anche la ricerca del Santuario è faticosa, bisogna attraversare un enorme parcheggio, avrei quasi voglia di tirare una fila di moccoli tanto il santuario pare ancora lontano, ma non è proprio il caso, e si sbuca infine sulla immensa distesa della piazza della Cattedrale di Fatima.
Il campanile del Santuario è laggiù in fondo al piazzale e il mio viaggio è terminato, ce l’ho fatta, ma la soddisfazione che credevo di provare è offuscata dal dolore al fianco e alla spalla, le gambe non reggono più, sono stracotto e demoralizzato, mi pare di aver rovinato tutto in questo ultimo giorno.
Nella foto ho una postura strana, ridicola, è il dolore alla parte sinistra che mi ha fatto camminare tutto piegato gli ultimi interminabili chilometri e non mi consente di stare dritto. Vista la prima foto me ne sono fatte rifare un altro paio cercando di ricompormi ma sono tutte così, in tutte sono piegato 30 gradi a sinistra, le braccia secondo le mie intenzioni avrebbero dovuto essere aperte, allargate come nella foto che ho fatto all’arrivo a Santiago, ma più su di così non vanno. Le costole sono rotte o incrinate e mi porterò questa posizione ancora un paio di giorni.
Qui si conclude il mio viaggio a Fatima: sono partito dritto e sono arrivato storto, i pantaloni sporchi di terra, le scarpe da azzurre diventate grigio calcinaccio, scorticato dal sole, i piedi con traumi, un polpaccio rigido, costole e fianco doloranti e no, non è stato facile, ma ci sono.
Sono dove volevo essere.!
E’ stato bellissimo e me la sono goduta tutta, ma non rifarei un metro della strada fatta.
Quando è finita è finita!