Giunti al termine del pellegrinaggio, chiamiamolo così, si resero conto che avevano vissuto dieci giorni come in una bolla, immersi in una realtà di fatica, gioia e astrazione dal resto del mondo. Se l’erano goduta senza pensare a come era iniziata in quel primo pomeriggio nella metropolitana di Oporto, che sembrava una vita fa. Si era andati avanti nonostante tutto, ma ora si era alla fine e la preoccupazione si era materializzata.
Poiché il camminatore si era flesciato sulla perdita dei soldi e basta, furono gli altri due a capire che la mancanza dei documenti fosse ancora più grave e cercarono in quei giorni di trovare una soluzione. Fu grazie all’intervento fondamentale del figlio del camminatore distratto che la strategia che tutti insieme avevano messo in piedi diede infine la possibilità allo sciagurato di rientrare in Italia con gli altri ma fu un pensiero che aleggiava minaccioso sopra di loro e che iniziò il primo giorno e terminò quando salirono sull’ultimo aereo a Madrid.
Tramite il console di La Coruna era stata contattata l’ambasciata di Madrid e qui avevano redatto un documento alternativo valido per il rimpatrio, come se si trattasse di immigrato clandestino, un indesiderato che viene allontanato col foglio di via.
Il documento con tanto di timbro e firma dell’ambasciata era stato poi spedito al magnifico Grand Hotel B-Nor di Santiago dove i nostri lo avevano finalmente recuperato al loro arrivo e adesso avrebbe dovuto consentire di superare i rigidi controlli della Ryanar al momento dell’imbarco.
Si dice dovrebbe al condizionale perché i nostri umarelli non erano affatto tranquilli e progettavano itinerari alternativi per il rientro separato del camminatore:
- Con pulman di linea Santiago – Madrid e da qui Madrid – Genova in soli due giorni
- Con treno stesso tragitto ma a costi decisamente superiori
- Con una gita turistica che avrebbero dovuto trovare a Santiago e che fosse compiacente di accogliere un clandestino a bordo.
- La nave fu esclusa perché non c’era un mare nel mezzo
- A piedi, visto che si trattava di un camminatore in un paio di mesi avrebbe potuto essere a casa, giusto per Natale.
- Infine si poteva abbandonarlo a Santiago a chiedere l’elemosina sui gradini della Cattedrale.
Queste erano le alternative con l’aggravante che il nostro camminatore sciagurato non aveva neppure soldi e quindi avrebbero dovuto sovvenzionarlo a dovere. Avevano la sensazione che se lasciato solo a Santiago si sarebbe potuto perdere per sempre e qualcuno a casa avrebbe poi dato la colpa a loro due.
Lo sfortunato inizio di questa avventura avrebbe potuto semplicemente rovinare tutto il viaggio se fosse capitato a chiunque altro, ma così non avvenne grazie al carattere aureo del camminatore che aveva un sacco di difetti ma in quanto a capacità di sopravvivenza era meglio di Rambo.
Ma chi era il camminatore instancabile e pure un poco sbadato? Perche i due umarelli si preoccupavano tanto per lui?
Era apparso dal niente un estate del 1969: il ciclista imperterrito lo aveva scovato fra i banchi di scuola dell’Istituto Pacinotti e, come farebbe un talent scout di cantanti o di calciatori, lo aveva reclutato intuendo sotto quella scorza grezza di campagna il seme del fuoriclasse.
Quindi se lo era portato dietro e, garantendo per lui, lo aveva inserito facendolo passare prima dalla squadra di hockey per vagliarne la adattabilità alle cazzate strutturate e poi, viste le grandi prospettive, lo aveva introdotto nel cerchio magico dei fedelissimi del sabato sera.
Fu un colpo di classe del talent scout perché l’impatto sul gruppo di vecchi amici fidati fu devastante al punto di ribaltare gerarchie, ordine, modi di fare e abitudini e soprattutto portò in dono l’allegria.
Era come aver scoperto Maradona e averlo messo sotto contratto gratis e fu un contratto a vita perché mai tradì la compagnia e sempre, come in questi giorni appena passati, dava il meglio di ciò che potesse.
All’inizio qualcuno lo prendeva bonariamente in giro perché era un po’ disadatto e ruspante, portava un folto cesto di capelli e l’abbigliamento rustico e si muoveva scomposto, poi ne scoprirono le molte qualità del carattere che non esito ad elencare.
- era fedele: non dimenticava e non tradiva, c’era quando le cose non andavano bene per lui o per gli altri. Era lì per battesimi, matrimoni o funerali, specie se c’era da scroccare un pasto, insomma c’era sempre, quando ci voleva e anche quando non ci voleva, e non si sa come facesse. Non si nascondeva quando c’era da soffrire e non si vergognava delle sconfitte
- era divertente, imprevedibile, naif, surreale, cameratesco, frivolo
- era bugiardo: di quei bugiardi che raccontano frottole, balle, invenzioni assurde per raccattare donne, per farsi belli con gli altri, per emanciparsi, per sparare cazzate a raffica. Mai credergli al primo colpo
- era forte: ti cingeva le spalle con le braccia e stringeva, stringeva fino a levare il fiato e con la scucchia ti premeva sui polmoni fino a farti uscire tutta l’aria di dentro, fino a sgonfiarti in uno stritolamento totale da anaconda. Non era molto piacevole a dire il vero, ma questo era il suo abbraccio fraterno !
- era creativo: improvvisava frasi, infilava canzoni, idiomi, gesti con fantasia surreale
- era generoso: eccome se era generoso, ricordo quando ….. si quando ..…una volta ….. si una volta che si portò una torta, eravamo ospiti di una famiglia in campeggio, e se la mangiò tutta lui e si fece una figura di merda, e poi …. ah, un’altra volta che tirò fuori un prosciutto in casa dei genitori e noi glielo finimmo e lui si incazzò come una biscia. Tralasciamo che non dava mance perché i soldi servivano a lui, però almeno tre o quattro volte negli ultimi quaranta anni aveva portato funghi o castagne agli amici, eccome! e poi ogni volta che poteva faceva pagare gli altri. Insomma era di una generosità ……spiccata
- era simpatico: anche se …..stancava da morire perché non smetteva mai di essere se stesso e dopo un po’ non ci si faceva più a reggerlo
- era intonato: cantava “Evribodi stokkin else o miliakof ommamaiiii” , oppure “Ma se quel sasso butti via, tu devi darlo solamente a meeee”
- era un vero lavativo: parolaio da non prendere sul serio, debordante ed eccessivo
- era un dialettico: nel senso che improvvisava dialetti di tutta Italia, isole comprese
- era un ecologista convinto: o almeno si dava arie di esserlo e si infervorava su questa cosa, più che altro gli piaceva pensare di combattere questa battaglia sulla quale in pochi lo prendevano sul serio
- non era permaloso, cioè era permaloso ma non con gli amici che a volte se ne approfittavano
- non giudicava nessuno degli amici: in compenso giudicava tutti gli altri e certe volte se la prendeva a caso con gli impiegati dell’anagrafe o dell’Usl senza alcun motivo
- era la spalla ideale: se gli si diceva “Atanaua” rispondeva immediatamente “Akita Tara” e queste cose nei rapporti umani contano molto
- diceva “A Fra, fatti dà un milione e va a Viareggio” che piaceva tanto al ballerino
- era genuino, diceva sfondoni col sorriso e passavano per battute
- era un buon padre: premuroso e giocherellone, severo nei rari casi in cui era stato necessario, sicuramente il suo frutto migliore
- era modesto, cioè no, non era affatto modesto perché diceva “Io song n’albero dove tu non te poi arrampicà !”
- piaceva alle donne anche se gli amici si erano sempre domandati come ciò fosse possibile e, comunque, era molto meglio averlo come amico che come marito
- era resiliente, perché questa cazzo di parola è spuntata dal nulla un paio di anni fa e ora bisogna citarla da qualche parte anche se non c’entra sennò non siamo attuali, così diciamo pure che era resiliente e vedete un po’ voi cosa significa
Sfido chiunque a trovare venti qualità per un qualsiasi essere umano o quasi. Beh aveva anche tanti difetti non è che fosse una specie di miracolato della natura, però ci faceva dire con convinzione:
“Qual è il migliore amico dell’uomo? “
“Illo!”
Per questo i due omarelli non lo avrebbero abbandonato al suo destino, dove lo trovi un altro così !
continua…