Poiché erano un poco fuori rotta la gentile signora Luisa della locanda fece con la penna uno scarabocchio per indicar loro la strada da fare fino al ricongiungimento col cammino. Ci teneva a farli passare dalla chiesa e dai quattro mulini (los cuatros molinos) come fosse una guida turistica, era orgogliosa del suo paesello. “Lo vedete questi, sono orgogliosi del loro paese non dicono che sono di Firenze e gne gne gne “ faceva il ballerino agli altri, “imparate dalla signora Luisa” .
Era la strada enfaticamente detta della pietra e dell’acqua, in spagnolo suonava molto meglio “La Ruta de la Piedra y de l’Agua”, cioè un bel sentiero lungo il fiume che scendeva verso il mare. Fu una bella camminata e ci fu anche quella volta la pioggerella fastidiosa che ogni tanto faceva fermare il gruppetto e mettere a terra lo zaino, indossare gli impermeabili e rimettere in spalla lo zaino, dopo cinque minuti fermare il gruppetto e rimettere a terra lo zaino e togliere gli impermeabili e così via, togli e metti, metti e togli, carica e scarica tanto per fare sollevamento zaini e procurarsi fitte alla colonna vertebrale delle quali se ne riparlerà nei prossimi mesi a casa alzandosi dal letto chiedendosi come mai ci farà tanto male la schiena.
Il vecchio forestale era più tranquillo perché, superata quella tappa di Ribadumia da allora in poi non sussisteva più il dubbio di dove pernottare: tutto prenotato come nei migliori tour organizzati.
Quel giorno la tappa si divideva in due fasi diverse e molto interessanti: la mattina bisognava arrivare sul mare a Villanova de Arousa perché alle 14 sul moletto della stazione marittima di Julio Camba ci sarebbe stata la signora Cristina, o chi per lei, della compagnia Amare Turismo Nautico che nel pomeriggio con un motoscafo li avrebbe portati fino a Padron risalendo l’alta marea del Rio de Arousa e del Rio Ulla.
Nella mattina accadde di nuovo che il ballerino di liscio si staccasse dagli altri e procedendo con il suo passo spensierato accumulasse ritardo e una beata leggerezza che lo portarono a sbagliare strada un paio di volte e a percorrere un chilometro in più. Quando si accorgeva che non c’era più nessuno intorno a lui e che non comparivano più i segnali con le frecce per Santiago si fermava un poco stupito e si chiedeva dove avesse perso il sentiero. A quel punto non c’era altro da fare che tornare indietro con rassegnazione e come Pollicino ritrovare le indicazioni. Tanto di energia da buttare ce n’era da vendere !
A un certo punto la pioggia si fece un po’ più insistente e dovette fermarsi sotto il terrazzino sporgente di una casa di campagna, fu ripartendo da lì una delle volte che sbagliò percorso.
Stette una mezz’ora in attesa che le cose migliorassero e intanto fantasticava storie che gli tenessero compagnia e ne immaginò una in grado di giustificare il ritardo che avrebbe accumulato dagli altri, una storia inverosimile che lo divertì assai perché la recitava a voce alta e che incise sul registratore portatile che aveva con se proprio per fare queste cose scemarelle.
Intanto gli altri due procedevano con il loro ritmo con il camminatore paziente impegnato a placare l’ennesima incazzatura del vecchio forestale che continuava a interpretare questi distacchi del ballerino come un tradimento e un’offesa personale. Si era innervosito a tal punto che iniziò a trattare il camminatore come fosse l’attendente dei bei tempi che furono e lo incitava, lo redarguiva, lo riprendeva di continuo dandogli sulla voce e esercitando tutta l’autorità dovuta al suo grado di vecchio pezzo grosso della forestale.
L’altro, che di indole era accomodante, sopportava e sgobbava e faceva davvero quello che gli veniva ordinato, salvo ogni tanto, ma proprio tanto, sbottare con discorsi tipo “Oh coso ! chi ti credi di comandare ? Ho settant’anni io e non mi comanda nessuno sai “ e ripeteva la storia di quella volta da militare quando si ribellò al sergente, o al caporale o al capitano non si ricordava il grado, perché si approfittava dei più deboli della compagnia e pronunciò le famose storiche parole “Li lasci in pace loro che sono ignoranti, se la prenda con me se ha coraggio !” e il sergente, o maresciallo o tenente, se la prese effettivamente con lui e lo cacciò in gattabuia e poi lo fece trasferire a Palmanova – Friuli in un casermone di fanti sfigati dove fra l’altro invece dei piattoni prese una bella polmonite.
Il forestale borbottava uno “Scusa” e cinque minuti di poi riprendeva con l’autoritarismo da caserma. Così viaggiavano in coppia saettando contro il ballerino che faceva i cazzi suoi. In effetti il forestale era un maniaco del controllo: doveva sapere che strada fare, dove arrivare e a che ora, dove mangiare e dove dormire, insomma era un generale che aveva necessità di una buona squadra logistica che gli desse le coordinate per muoversi sul campo e questo fatto di un insubordinato che se andava in giro davanti o dietro di loro senza orari e riferimenti lo innervosiva tremendamente.
Il ballerino lo sapeva, ma non lo faceva per dispetto, era proprio che non sopportava la disciplina.
Chi prima e chi dopo arrivarono al mare di Arousa e videro il magnifico spettacolo che la bassa marea allestiva per loro. Metri e metri di fondale libero, pieno di alghe, rocce e residui organici (non umani) con un cielo grigio che sembrava di essere in Belgio anziché nella ridente Spagna (olé) . Il ballerino si addentrò sulla sabbia dove la mattina c’era l’oceano e ci sarebbe stato nuovamente la sera, e raccolse piccole conchiglie da portare ai suoi amici perché non voleva che fossero arrabbiati con lui seguendo una antica tradizione che vuole che i pellegrini venissero proprio qui al mare a raccogliere la conchiglia che al loro ritorno in patria avrebbe dimostrato la loro effettiva partecipazione al pellegrinaggio; per questo motivo la conchiglia divenne il simbolo dei pellegrinaggi (romerías) e dei relativi percorsi (caminos).
Si ritrovarono al molo in tempo per la barca della Amare (che non era la voce del verbo amare ma il logo della compagnia navale), il forestale era arrabbiatissimo, ma quando il ballerino gli dette la piccola conchiglia gli sfuggì un sorriso incontrollato. Erano felici di essere di nuovo insieme.
Bene così, dunque, e bene che arrivò puntuale anche la barchetta della Amare e caricarono una decina di pellegrini che erano spuntati tutti infreddoliti dai bar del lungomare.
Il pomeriggio era piovigginoso e nebbioso e pure freddo. I nostri si bardarono con tutto quello che c’era a disposizione, maglia su maglia, su camicia su giacchetta e si accoccolarono sulla barchetta scoperta rassegnati a prendere tutto il vento possibile.
Così nella nebbia fecero il loro giro turistico di commemorazione della Translatio che poi era l’essenza di quella tanto dibattuta variante spiritual del camino.
“Translatio: Término latino con el que se alude a la legendaria traslación por mar del cuerpo del apóstol Santiago el Mayor desde Palestina a Galicia, donde recibe sepultura, dando sentido así al descrubimiento de su tumba y restos en la actual Compostela. Los diversos textos medievales que narran este hecho, todos de carácter literario, difieren en lo complementario pero coinciden en lo esencial. Al margen de algunos desajustes temporales, todos sitúan la traslación en barco justo después de la muerte del Apóstol -hacia el año 44 y en concluirla, tras una serie de peripecias que varían en las diferentes versiones, con su enterramiento en un lugar interior próximo a la actual ría de Arousa”.
La traduzione è superflua perché arrivati a questa puntata sarete oramai esperti di spagnolo anche voi come lo erano i nostri umarelli.
Il pilota della barca faceva anche da cicerone e spiegava cosa c’era di interessante da vedere di qui e di là e altre cose, per esempio come si chiama il membro virile in spagnolo o altre oscenità perché era un tipo non formale e gli umarelli sollecitavano battute e parolacce a tutta randa.
I nostri umarelli si chiesero che tipo di lavoro fosse andare avanti e indietro sul quel fiordo tre o quattro volte al giorno nella nebbia a vedere unicamente allevamenti di cozze e croci di pietra e convennero che ogni pane è guadagnato e intanto scattavano fotografie alla nebbia che, come è noto, non si vede.
Comunque le cose da vedere erano:
una quantità mostruosa di allevamenti di cozze
le barche che tiravano su le cozze e le pulivano
un persistente odore di cozze
le rive che però non si vedevano per la nebbia, ma di sicuro c’erano
le croci di pietra, ce n’erano diciassette, centenarie, lungo la costa o su minuscole isolette che formavano la via crucis. Erano il calvario vanto della regione “el unico via crucis maritimo-fluvial del mundo, 17 creceros centenarios que identificane este camino de Santiago como el origen de todos los Caminos”. Sorbole !
Una barca vichinga rifatta sul modello di quelle antiche che c’entrava come il cavolo a merenda, ma una barca vichinga fa sempre un certo effetto……nordico.
Uno stormo di garruli germani selvatici che approfittavano del divieto di caccia di quei luoghi.
Un’altra imbarcazione come la loro che faceva lo stesso itinerario e con la quale si scambiavano grandi saluti in lingue sconosciute e agitavano la manina.
Del fatto che la leggenda vuole che le spoglie di San Giacomo fossero arrivate fin qui su una barca di pietra parleremo un’altra volta, per ora sarà meglio stendere un velo pietoso.
Fine della corsa. Avevano fatto l’equivalente di 28 chilometri del tracciato pedestre, erano arrivati a Padron in orario decente e avevano completato tutta la variante spiritual avendo percorso le tre tappe in due giorni. Un successo pieno che avrebbero festeggiato volentieri con una lauta cena se non fossero sopravvenuti atri inconvenienti.
Per iniziare avevano fissato l’appartamento appena entrati nella cittadina: “Piso ampio de tres habitaciones” diceva l’annuncio e quando arrivarono c’erano ancora i proprietari a sbaraccare biancheria e stoviglie di chi c’era stato prima. Il Piso (appartamento) era ampio, ma squallido e umido come la Bulgaria negli anni 60 e anche tremendamente maleodorante. Poi al camminatore venne male a una gamba e pensò che potesse trattarsi di flebite. Grossa preoccupazione serpeggiava fra gli umarelli che di fronte alle malattie vascolari erano del tutto indifesi.
Cosa si fa, cosa non si fa, trovarono un centro medico grazie al loro fluente spagnolo, ma qui i paramedici si rifiutarono di fare gli esami necessari al camminatore poiché sprovvisto della tessera sanitaria che gli avevano proditoriamente gattonato in Portogallo insieme ai soldi.
Quindi niente da fare.
Il nostro eroe stanco chiamò il suo medico in Italia per farsi fare una diagnosi impossibile tant’è che come risposta ottenne un “Guarda come stai domani e se fa male fermati ” che peraltro era il massimo che avrebbe potuto dire per non essere radiato dall’albo.
Anche la cittadina di Padron era veramente brutta, la cosa più rilevante era “ El pedron”, ovvero Il pietrone, un blocco di pietra sul quale si andò a fermare la barca contenente il corpo e la testa di San Giacomo decapitato da Erode Agrippa a Gerusalemme nel 44.
Padrón fu fondata dai Romani che le diedero il nome Iria Flavia allorché Flavio Vespasiano vi installò i suoi veterani e i suoi vespasiani, secondo la consuetudine di congedare i legionari dal servizio militare attribuendo loro un appezzamento di terreno dei territori conquistati.
In paese non erano rimasti né romani né vespasiani e i bisogni corporali bisognava farli nei bar, oltretutto non si trovava un locale decente per la cena, allora il forestale partorì una genialata e propose una ricca spaghettata che avrebbe cucinato lui stesso con pomodoro e tonno. E così fu. Comprarono una confezione di lattine di birra come fanno gli amici nei film americani e tutto il resto all’uopo necessario e fecero cena. Il forestale cucinava (chef de cuisine) l il camminatore faceva l’inserviente (commis) e il ballerino si sarebbe occupato della rigovernatura (sguattero). I compiti così suddivisi funzionarono egregiamente e cenarono e bevvero di gran lusso in quel piso orribile.
La notte non portò consiglio ma una buona dormita che ce n’era tanto bisogno.
continua …