Tre umarell… – 10° Secundo dia: da Tui a O’Porrino

Si cercò di avviare bene la giornata per rimediare ai dispiaceri del giorno prima e gli umarelli dimostrarono perché anziché a casa fossero lì, ancora in grado di alzare il culo dalle poltrone e di avventurarsi per il mondo. Si affidarono l’uno all’altro con fiducia, allegria e incoraggiamento, si consolarono e si diedero calore in quella mattina fredda e nebbiosa di Porto e dio sa se ce ne fosse bisogno. Si fiondarono in una pasticceria e si abbuffarono di pastelle alla crema perché bisogna sapere che in Portogallo le paste sono la fine del mondo a colori e le farciscono di tutto e le spalmano di lucidore appiccicoso che rimane attaccato ai polpastrelli che poi si ciucciano che un piacere. Un bengodi dolce, la casa di Hansel e Gretel senza la strega. Il ballerino si fece un selfie con un magnifico latte alla portoghese che gli ricordava l’infanzia e la mamma che lo preparava la domenica mattina col caramello un po’ bruciacchiato e lui ci andava matto e non  lo aveva più assaggiato di così buono.

Erano  commoventi quei dolci e dettero la carica giusta ai tre per andare verso un nuovo giorno con ottimismo.

Questa avventurosa giornata prevedeva il trasferimento da Oporto in Portogallo a Tui in Spagna tramite BudBus che è un pulman di linea. A Tui  l’acquisizione delle credenziali per la raccolta dei timbri, che in spagnolo si dice sellos, per certificare il percorso e indi poscia la partenza a piedoni. L’arrivo era previsto per l’ora di cena nel paese di O Porrino distante 18 chilometri.

Così si misero in moto col pulman e videro dai finestrini  un pochino di città di Porto senza capirne un granché, videro anche dei senzatetto addormentati sulle panchine e riconsiderarono con altri occhi le loro disavventure. Arrivati finalmente nel paese di Tui cercarono la Cattedrale che fu trovata insieme a  una pellegrina femmina vagante di origine tedesca della quale dimenticarono subito  il nome perché non era una gran bellezza pur vantando cosce poderose. La giovane si accodò al gruppetto degli omarelli fino all’uscita dal paese di Tui e poi se ne andò incontro al suo destino.

Finalmente partirono con gli zaini in spalla e immediatamente si pentirono di aver portato quella cosina in più che da casa sembrava indispensabile: un paio di calzoni extra, una camicia che-non-si-sa-mai, troppi calzini o il coltellino, ma ormai il carico era fatto e bisognava portarlo come la soma di un mulo.

Immersi nel paesaggio galiziano percorsero sentieri ben segnalati, attraversando ponticelli di legno su rive bucoliche. Il vecchio forestale dava il nome agli alberi “Lo vedete questo ? E’ un faggio. E  quest’altro un castagno e quello là vedete in fondo, un eucalipto”,  effettivamente il bosco era pieno di eucalipti dal profumo intenso.

Il camminatore che non voleva esser da meno rispondeva  ”Certo che lo so, che ti credi !” e cercava invano di coglierlo in fallo sulle piantine del sottobosco “Lo sai cos’è quello? E quella là ?” . Il ballerino ascoltava distratto a lui dei nomi delle piante  non era importato mai un granché,  sapeva solo che il pino brucia bene ma intasa la canna fumaria del caminetto e questo bastava.

Cammina cammina, dopo un po’ di strada sentirono il bisogno di fermare i piedi e di mangiare e si imbatterono in una bottega che guarda caso sorgeva  dal nulla proprio ai margini del cammino e dalla quale tutti i pellegrini venivano attratti come mosche sulla ….. come api sul miele.

In Galizia a chi possiede un minimo di iniziativa e una licenza  commerciale,  o anche no, conviene metter su un punto di ristoro lungo uno dei numerosi tracciati del Camino e guadagnare la giornata con poco sforzo perché i pellegrini sono notoriamente affamati e come trovano una seggiola ci si svaccano a gambe larghe e divorano qualunque cosa commestibile venga loro messa davanti, ma attenzione, se il ristoro non si trova esattamente  sul tracciato ma mettiamo a cento metri di distanza, non lavorerà per niente perché nessuno ha voglia di regalare metri in più.

In quel caso il posto era Pontes da Febres, il ponte della febbre, dove San Telmo recandosi in pellegrinaggio a Santiago fu colto da un attacco febbrile che lo fece tornare a Tui dove poi morì. In effetti c’erano un ponticello e una croce lungo il cammino e gli omarelli si erano fotografati in singolo e a coppia senza sapere di cosa si trattasse, era solo carino il posto, “Averlo saputo mi sarei fatto una foto sotto la croce” disse il camminatore denunciante.

In questo baretto  incrociarono altri pellegrini che arrivavano e altri che partivano e a tutti dicevano con fervore “Buen Camino” perché era dalla partenza che aspettavano di poterlo dire a  destra e a manca. “Buen Camino” – “Ola, Buen Camino” – “Buen Camino a voi” qualcuno rispondeva, altri tiravano di lungo. Comperarono una  frittata di patate e la birra e fumarono il sigaro tanto per ossigenare i polmoni. Mentre ripartivano arrivò anche la pellegrina tedesca dalle cosce poderose che si tolse le scarpe e si accasciò su una panca, “Buen Camino” le dissero anche se lei si era appena fermata.

Questa prima esperienza fu gratificante, fecero nel pomeriggio tutto il tratto che si erano proposti compresa la deviazione naturalistica di Orbenile che allungava il percorso di qualche chilometro attraverso un bel bosco di eucalipti. Il vecchio forestale smucciò un po’ perché tirava a risparmiare tempo e fatica, ma la maggioranza dei due terzi votò per passare di lì e fu carino. Il ballerino di liscio raccolse una pietra da portare a Santiago gli altri dissero che non credevano a queste superstizioni e il ballerino ci restò un po’ male, ma stette zitto e se la mise in tasca.

Come fu come non fu alla sera arrivarono a O’ Porrino che era proprio dove volevano arrivare  e fecero tutte le cose che si fanno quando in un paese sconosciuto si deve cercare un posto dove dormire che già si è fissato da casa, ovvero chiesero in giro.

Il ballerino era l’interprete del gruppo a causa della sua frequentazione assidua di balere, il camminatore stanco inseriva una parola in cripto-inglese ogni tanto per far vedere che aveva girato il mondo e il vecchio forestale, da persona autorevole qual’era, parlava semplicemente in italiano stretto perché riteneva che gli altri abitanti del globo fossero tenuti a comprenderlo e non lui a farsi capire.

Questo atteggiamento con le lingue prosegui invariato per tutto il viaggio e fu di gran divertimento per i tre umarelli che facevano a gara a domandare le cose in quell’idioma variopinto e a interpretare le risposte, sparando cavolate a ruota libera. Capitava di ridere da matti mentre chiedevano e questo non facilitava l’empatia in chi ascoltava, ma a loro piacque fin da subito.

Grazie a questi sforzi congiunti furono trovati in ordine crescente:

L’ostello con annesso bar

Un bicchiere di Estrella nel suddetto bar

La cortese personcina spagnola incaricata di accompagnarli alla residenza

La lussuosa residenza

Le camere che erano una cadauno così si poteva russare liberamente e non lavarsi i piedi

I bagni dei quali uno puzzava di suo e all’altro provvidero loro

Il bar dell’ostello che faceva anche da ristorante

La cena composta da callos, pulpo e cerveja Estrella

Una ulteriore dose di Estrella Galicia

Un giretto per il paese dove c’era una festa ma forse incominciava dopo la mezzanotte perché prima non c’era nessuno per le strade, e in Spagna queste cose strane le fanno.

Le telefonate a casa alle consorti tanto per far sapere che erano ancora vivi

La buona notte che sarà il caso di dormire che domani c’è un mucchio si di strada da fare.

Così andò questa seconda giornata che fu nettamente migliore della prima e li introdusse nel magico mondo del pellegrinaggio pedestre.

Intanto, visto che stentava a prendere sonno, il ballerino di liscio stava elaborando un piano strategico nella sua testolina …….

continua …

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