Si avvicinava la fine dell’estate e quello era il segnale che era giunto il momento di preparare gli zaini, prendere i soldi, fare la scorta di cerotti e ungere i piedi.
Ma prima facciamo un passo indietro e occupiamoci delle fasi propedeutiche.
La preparazione atletica
Qualcosina era stato fatto seppure in maniera un po’ disordinata
Il vecchio forestale si era sforzato con caparbietà di camminare ogni giorno con un caldo torrido intorno al laghetto del Villone, dalle parti dell’ospizio, annoiandosi a morte e attirando la curiosità degli infermieri e dei guardoni speranzosi di aver trovato un nuovo collega che desse qualche nuova dritta.
Il camminatore instancabile lamentava nuovi acciacchi, nel corso di un’escursione a funghi si era trapanato un braccio con un ramo e si trovava in modalità risparmio energetico. Il ballerino di liscio era stato un mese al mare ed aveva nuotato a stile libero tutto il tempo: le braccia erano toniche, ma le gambe completamente molli.
Il ciclista indomito non si era limitato alla bicicletta e al gommone, ma era andato a fare escursioni a piedi in montagna, ma questo non contava perché lui era uno di quelli che stava a casa,
Lo scalatore infartuato ed ex esponente politico era in convalescenza e si consolava seguendo con rassegnato sgomento la crisi di governo e il bolognese, infine, faceva come sempre vita di città completamente avulso dal contesto preparatorio del viaggio.
Nel complesso la squadra non era affatto pronta ma questo lo si sapeva fino dall’inizio.
Preparazione psicologica
“Il viaggio si fa prima con la testa e poi con le gambe” – sosteneva il ballerino di liscio, aggiungendo sottovoce – “ se proprio non se ne può fare a meno” .
E nella testa tutti e tre i nostri coraggiosi umarell stavano alacremente preparandosi: due di loro avevano spifferato la faccenda ai quattro venti, raccontando dei preparativi, della compagnia, delle modalità e della attesa spasmodica, gasandosi nell’immaginare quel che sarà e stendendo una cappa di entusiasmo su tutti gli ascoltatori disinteressati, al contrario il ballerino di liscio l’aveva detto solo alla moglie, neppure ai figli e alla suocera. Credeva portasse male parlarne prima e sotto sotto ancora non ci credeva.
Pensava che prima di partire sarebbe dovuto andare dalla Cesarina a farsi togliere il malocchio.
Preparazione spirituale
Non pervenuta
Preparazione emotiva
Quando mancava meno di un mese, il tempo a sera si fece più fresco e cominciarono le palpitazioni.
Il ballerino di liscio cominciò a temere per la propria incolumità: viaggiava in motorino col terrore di cadere e di farsi male e non poter partire e quando ballava era molto prudente nei saltelli. Aveva paura del freddo, non sapeva più se portare roba estiva o invernale, maledicendo quel periodo di autunno prescelto che non si capisce un cazzo se farà caldo o freddo o se pioverà in Galizia e ci vorrebbe un baule da portarsi dietro per esser tranquilli e invece bisogna fare i conti col peso sulla schiena e vaffanculo ai pellegrini che viaggiavano con un saio e un bastone e qui invece sembra di andare sulla luna per un mese e quand’ero giovane mi bastava poco e ora ho bisogno di portarmi dietro il Voltaren e il cuscino gonfiabile che sennò non dormo tranquillo e via e via……e porca di qui e miseria di là. Insomma era in piena fase di omarino brontolone, era in ebollizione come una pentola di fagioli fumante.
Il camminatore imperterrito andava a funghi tutti i giorni ma non ne portava mai agli amici e questo fatto non arrecò benefici alla sua popolarità.
il vecchio forestale insisteva con la teoria della tabella di tappe forzate, ogni giorno avrebbe voluto che marciassero per quindici chilometri per allenarsi incurante del fatto che tutto quel camminare potesse venire a noia prima ancora di partire. Quando passeggiavano insieme parlavano e parlavano, ricordavano la gioventù, i parenti, gli amici di un tempo, le ragazze vagheggiate e quelle di ciccia, rievocavano aneddoti e vecchie esperienze, e incidenti mortali e viceprefetti e catastrofi di varia natura.
Finì che al momento della partenza non avevano più niente da raccontarsi avendo praticamente consumato tutti gli argomenti di conversazione che sarebbero stati molto utili nei lunghi pomeriggi di marcia. “Ottimo ! – pensò uno di loro – almeno si sta zitti per tutto il viaggio”.
“Ma lo vedete quanto è ganzo ? “ diceva un omarell “ci si diverte un mondo già prima di partire”
“Si si, ma che si fa poi quando siamo li ?” rispondeva un altro
“Come sarebbe a dire ?” ribatteva il primo
“Io di camminare ‘un ce n’ho digià più voglia ! “ diceva il terzo.
“Meglio palaja! ” e via e via….
Anche la ricerca dell’attrezzatura subì un’impennata: a una dozzina di giorni dalla partenza,
Il camminatore indefesso era sempre più ossessionato dal peso dello zaino : ogni giorno riduceva quella cosa e tagliava via l’altra. Una maglia in meno di qua, fuori le mutande di là, a un certo punto era arrivato a sette chili tutto compreso e voleva ancora abbassare. Per arrivare allo scopo continuava a cercare equipaggiamento che già possedeva in quantità ma che pesasse qualche grammo in meno, come una specie di fissazione. Il fatto era che essendo l’esperto in fatto di escursioni sentiva il peso della responsabilità, non voleva far brutte figure con gli altri andando in difficoltà alle prime tappe. Sarebbe stata una beffa e un motivo di presa per il culo per il resto della vita.
Il vecchio forestale che già aveva rimediato tutta l’attrezzatura raccattando tra figli e parenti e rufolando negli armadi di casa, si fece prendere dalla paura di non essere tecnologicamente adeguato e si mise a cambiare pezzi, rifacendosi un corredo completo da escursionista all’ultima moda.
Il ballerino di liscio insisteva invece sulla sua posizione oltranzista di non voler investire troppo in questa missione nonostante i consigli degli altri due. Aveva tatto l’elenco delle cose essenziali da riporre nello zaino e pure usando tutta la ragionevolezza del viandante avveduto era arrivato a quarantatre oggetti da infilare dentro a forza, ognuno dei quali doveva essere custodito in una singola busta di plastica antipioggia chiudibile a zip. Aveva così preso l’abitudine di pesare i vari componenti dello zaino, compreso gli auricolari che di fatto non pesano un cazzo, ma evitava di fare la somma perché covava il sospetto che a forza di 100 o 200 grammi doveva essere oltre i dieci chili abbondanti, un peso insopportabile anche per uno sherpa nepalese.
Fecero poi il famoso pranzo propiziatorio a Montecarelli con le consorti ed andò bene, tutte furono comprensive e tolleranti ed i sei umarell presero coscienza che le mogli erano molto più accorte e ragionevoli di loro.
Ma questo già lo sospettavano.
Gli ultimi giorni furono dedicati alle rifiniture e al raccoglimento, nel senso che bisognava raccogliere tutte le energie per mettersi in moto e alla fine, ineluttabile, arrivò il giorno nel quale si dovette lasciare la propria casetta con la confortevole camera da letto e il bagno ben fornito di carta igienica profumata e di bidet e andare verso l’ignoto.
C’erano voluti nove mesi tra il concepimento e il parto, proprio come fare una creatura: era il 13 dicembre quando avvenne l’inseminazione dell’idea alla trattoria della Cugna ed era il 25 settembre dell’anno successivo quando con la luna calante si compirono i giorni e salirono sull’aeromobile (termine tecnico qui utilizzato per indicare l’aeroplano).
A salutarli sulla rampa di lancio accorse l’omarello bolognese originale che si mise in fila con loro per il check-in e scherzarono insieme infastidendo un poco gli altri passeggeri. Fu un bel gesto. L’altro umarello ciclista provetto telefonò e li definì affettuosamente l’avventuroso, il riflessivo ed il poeta, insomma volevano far sentire la loro vicinanza. L’ultimo omarello, quello infartuato, faceva intanto i cazzi suoi sul divano di casa seguendo distrattamente Cronache dal Parlamento.
Il racconto di ciò che fu prima termina qui, ciò che accadde dopo è un’altra storia. Ora basta chiacchiere, ora bisognava camminare.
Buen camino a tutti !
continua…