Bisogna andare di fretta qui
Assioma: lo yankee va di fretta, sempre, anche se non c’è bisogno, il turista va tranquillo sempre, anche quando rischia di perdere la metropolitana.
Succede così che in un affollato sottopasso della subway mi scontro per due volte in pochi metri con una piccola vivace signora anziana, probabilmente è colpa mia perché tendo a passeggiare anche nei sotterranei delle stazioni e non è detto che vada dritto sparato verso le scale mobili. Il mio incedere è leggermente trasversale, non proprio a zig zag ma certamente non traccia una linea retta fra punto di partenza e quello di arrivo, insomma è un cazzeggio di camminata tipica di chi non ha appuntamenti e si attarda volentieri a guardare i particolari dei sottopassi alla ricerca curiosa degli artisti da subway. “Yo’re not american ?” mi fa cortesemente lei. Eppure ero vestito tale e quale come un indigeno ! era il passo a identificarmi come un corpo estraneo
Le vestimenta invernali tipiche di un indigeno nella grande città di New York:
giacca a vento North Face, diffusissima, berretto di lana calato sugli occhi, scarpe da pioggia, niente ombrello e sguardo basso, fisso sul cellulare diteggiando freneticamente sui tasti.
Il cellulare touch screen sta sostituendo i classico libro da subway. Tutti ma dico tutti armeggiano ascoltano leggono scrivono sui telefonino nei momenti di pausa tra una camminata veloce e l’altra, che sia bus o metropolitana o fila di attesa, tutti. Anche io naturalmente, ma con i problemi di linea non risolti col mio gestore mi trovo a leggere solo la rubrica degli indirizzi che peraltro conosco a memoria! beh insomma si fa per darsi un tono.
L’Iphone qui lo comprano ai bambini dell’asilo al posto dell’aquilone, proprio come un regalino simbolico della infanzia, del resto si tratta di un prodotto tipicamente americano. I
Che devo dire ? qui c’è fretta per principio: c’è fretta nella fila per fare la Metrocard, devi aver deciso prima cosa ti serve non puoi chiedere informazioni se non sei padrone della lingua stretta e hai ben chiaro cosa vuoi, c’è fretta nel salire e scendere dal vagone della metro, educati ma determinati, senza spinte ma con una pressione costante avanti/dietro, c’è fretta nel fare le ordinazioni al ristorante, non ti danno il tempo di capire il contenuto di quel panino assurdamente rigonfio, non c’è la possibilità di farsi consigliare, di chiacchierare un pochino col cameriere “lei cosa prenderebbe al posto mio sa sono un po’ nostalgico della cucina italiana ma vorrei assaggiare qualcoa di tipicamente americano, cosa mi consiglia ?” scordiamocelo. Il piatto così è spesso una sorpresa “guarda che voleva dire quella cosa lì …. Uh, ma sarà commestibile ?” C’è fretta nel passeggio per strada. Anche i semafori segnalano i secondi ancora a disposizione per i pedoni per ottimizzare i tempi: tra venti, diciannove diciotto secondi le auto partiranno a razzo e se sei ancora sulle strisce sono cavoli amari, forza puoi farcela mancano otto secondi, dai !I
Insomma è un concetto diverso, la città non si ferma, non rallenta solo perchè ci siamo noi, ha un ritmo proprio ed è un ritmo vibrante, come il rimbombo che sale attraverso le grate che si aprono sotto i piedi sulle linee oscure della metro e rimandano cupi brontolii di treni in corsa e fumo e sbuffi di calore.
Mi trovo un po’ a disagio, non ho questi ritmi, sono un provinciale della piccola provincia italiana e per di più, fortunatamente, non ho orari, per cui tendo a bighellonare più che andare nei posti. Decisamente tra questa folla in movimento sono un elemento di disturbo, un ostacolo deambulante, un intralcio inutile.
Eppure mi piace questa frenesia, è così diversa da me, mi sento come se mi facessi trasportare dalla corrente: loro vanno spediti per la loro meta, avranno pure una meta, penso, io galleggio ondeggiando come un galleggiante tra le onde, con ritmo diverso, asincrono rispetto agli altri, ma vado, mi muovo comunque. Una specie di trasporto pubblico gratuito, la folla che ti guida portandoti con se, dove si va non lo so, ma si va dove va la corrente più forte degli altri, tanto dovunque si vada qui a New York, a me piace sempre
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