Rimini, Rimini …….

Questa volta parlerò di me.
E così è passato anche maggio, e con maggio i campionati italiani di Rimini, appuntamento agognato da un intero anno fatto di giri a sinistra  e di “su con la testa” e di “giù con le spalle” sopportati proprio in previsione di questa gara.
E’ andata male che più male non si può a causa di quello che incarna  il terrore di ogni ballerino, lo spauracchio nel quale sdegnosamente ognuno pensa e si augura di non imbattersi mai: il fuori tempo !
Ma come,  un fuori tempo alle prime note del primo valzer della prima gara, cazzo !
un errore che ti insegnano a evitare fino dalla prima lezione di collettivo, un errore che con il tuo famoso “orecchio musicale” pensi che non faresti mai, mentre osservi con superiorità i poveretti che l’orecchio proprio non ce l’hanno e devono combattere ogni volta con la frase musicale.
E proprio su quel valzer, quel pezzo che conosco benissimo e che in prova ho ballato dozzine di volte e proprio all’inizio quando più ci piace scivolare e aprire.
Descrivere la delusione e la mortificazione non è cosa semplice: intanto aver trascinato nell’errore la mia incolpevole dama, la responsabilità del tempo è tutta mia, poi il dispiacere di sapere che avremo dovuto e potuto fare meglio, molto meglio, di avere la consapevolezza di non essere nemmeno scesi in pista, di non aver partecipato, quei successivi due balli fatti col cuore in gola, col magone di fare una cosa ormai inutile, di aver buttato una opportunità per inesperienza e scarsa lucidità.
Proprio non ci siamo!
Il fatto è che proprio a Rimini un anno fa era maturata l’idea e la ferma volontà di costruirci un futuro da competitori che vivesse almeno il tempo necessario per partecipare a questa gara, a Rimini un anno dopo.
Su questo obiettivo, invero ambizioso, la mia dama ed io abbiamo investito tempo, passione, denaro e lavorato duramente, settimana dopo settimana con maestri e allenamenti e lezioni e ginnastica e diete, tutto fino a pochi giorni or sono.
La settimana precedente la gara eravamo pronti e concentrati, allenati, tonici e gasati da buoni risultati, poi gli ultimi sette giorni tutto si è andato progressivamente sgonfiando:  allenamenti fiacchi e un fine settimana con nozze in Piemonte, pranzi, cene, viaggi, vino e canti fino a tarda notte, concentrazione perduta e buonanotte al secchio. Faticoso trasferimento a Rimini, nottata in bianco, tossine e tensioni che improvvisamente emergono al mattino e attanagliano gambe e testa, rigidità corporea da cadaveri, nervi a fior di pelle, gola prosciugata e un bisogno continuo di andare in bagno. La ballerina, flessuosa come una  porta di castagno, aveva perso il sorriso e messo su un ghigno pauroso, io cercavo di concentrarmi, ma pensavo solo a quanti minuti avrebbe retto questa volta la vescica.
Poi la ressa al cancelletto di partenza, tanti bravi concorrenti che spingono per conquistare le postazioni migliori come alla marcialonga, tanta gente, tanti inutili consigli dell’ultimo minuto e infine la pista che appare minuscola, troppo stretta per dodici coppie, senza spazio vitale e vie di fuga, gli avversari enormi e minacciosi, due tre coppie che ti si piazzano un metro davanti mentre attacca la musica.
Perduta la gioia di esser lì, perduto l’entusiasmo che ci aveva sorretto per un anno.
Forse inconsciamente il nostro traguardo era esserci e non gareggiare, il viaggio e non l’arrivo, era logico che sarebbe finita così.
La morale
Dalle sconfitte si impara, bisogna imparare altrimenti sarebbe un casino, per questo leggo e rileggo le considerazioni di Vittorio Tognazzi, noto manager e formatore sportivo, e ne riporto uno stralcio significativo:

Lo sportivo e pronto alla competizione quando comprende e vive con il giusto equilibrio le esperienze della vittoria e della sconfitta. Infatti, sono entrambe positive se intese come momento di conoscenza del proprio e altrui limite.
Il saper perdere è un obiettivo che pare utopistico da realizzare, ma la coscienza e la cultura del significato, in senso sportivo, è di facile apprendimento se la sconfitta non viene drammatizzata e colpevolizzata.
Lo sportivo vivrà tutta la vita attraverso vittorie e sconfitte; se sarà in grado di accettarle e superarle non avrà nessun timore di affrontare qualsiasi esame, ostacolo, gara o confronto.

Grande. Però io non sono affatto uno sportivo, sono una merdaccia disposta a corrompere i giudici e a calpestare gli avversari pur di andare avanti, per questo lasciatemi solo con la mia incazzatura fino a che non mi sarà sbollita.
E vaffanculo Rimini e tutti i riministi !